“Ma dove sono?”. Se non se lo chiede un turista o un escursionista è un disturbo

“Ma dove sono?”. Se non se lo chiede un turista o un  escursionista è un disturbo

Si chiama disturbo del disorientamento topografico. Noto da circa 10 anni, uno studio ha analizzato 1698 persone dai 18 a 35 anni rilevando dati in crescita

“Ma dove sono?”. Non è solo la domanda di un turista spaesato o di un escursionista sul sentiero. E’ anche il ‘segnale’ di uno specifico disturbo neuropsicologico. E’ stato scoperto negli ultimi anni e colpisce appunto la capacità di orientarsi.

Le persone che ne soffrono mostrano difficoltà nel ricordare la strada per raggiungere un luogo noto o nel riconoscere punti di riferimento utili per trovare l’orientamento, come monumenti o edifici. In generale, il disturbo impedisce di costruire una rappresentazione mentale dell’ambiente in cui ci si trova e ostacola quindi l’utilizzo di strategie di orientamento spaziale. Si chiama disorientamento topografico e colpisce anche i giovani italiani. Quanti?

NE SOFFRE IL 3% DEI GIOVANI TRA 18 E 35 ANNI

Un nuovo studio ha indagato la presenza del disorientamento topografico evolutivo in un campione di 1.698 giovani italiani, tra 18 e 35 anni, mostrando che la sua diffusione è “piuttosto elevata”. Dall’indagine è emerso che il disturbo era presente “in ben il 3% del campione, ed è più diffuso tra gli uomini”, spiega Raffaella Nori, professoressa al Dipartimento di Psicologia “Renzo Canestrari” dell’Università di Bologna, tra le autrici dello studio. “Inoltre, i dati ottenuti ci hanno permesso di evidenziare che il senso dell’orientamento è strettamente correlato alla conoscenza dell’ambiente di residenza e alle strategie di navigazione adottate”. Il disorientamento topografico evolutivo è noto da circa un decennio e le persone che ne soffrono non hanno in genere altri deficit cognitivi o problemi neurologici o psichiatrici. La scelta degli studiosi di concentrarsi su un campione di persone giovani è nata infatti dalla volontà di individuare la presenza del disturbo escludendo individui che potrebbero manifestare la perdita delle capacità navigazionali a causa di un inizio di declino cognitivo.

ECCO COSA HA CERCATO LA RICERCA

Il gruppo di ricerca ha raccolto dati per quattro anni, tra 2016 e 2019, indagando attraverso una serie di questionari tre aspetti dell’orientamento spaziale. Il senso dell’orientamento spaziale in generale, la conoscenza della propria città e le strategie navigazionali utilizzate. Inoltre, gli studiosi hanno indagato la presenza di altri deficit di natura percettiva e spaziale, ad esempio la difficoltà di riconoscere i volti (prosopoagnosia evolutiva) oppure oggetti già noti (agnosia visiva), e la confusione tra destra e sinistra.Dai risultati è emerso che circa il 3% del campione di giovani tra 18 e 35 anni soffriva di disorientamento topografico evolutivo. Un dato che mostra una diffusione piuttosto elevata di questo disturbo inducendo a sviluppare interventi mirati per assistere le persone colpite. “In generale, le persone affette da disturbo di disorientamento topografico hanno capacità di memoria e profili neuropsicologici nella norma, ma mostrano un chiaro deficit cognitivo nel riconoscimento spaziale e lamentano difficoltà frequenti nel trovare l’orientamento”, dice Nori.

LE PERSONE NON RIESCONOA A UTILIZZARE MAPPE COGNITIVE O STRATEGIA DI NAVIGAZIONE SPAZIALE

Queste persone non sono in grado di utilizzare mappe cognitive o strategie di navigazione spaziale per orientarsi non solo in ambienti nuovi, ma anche in contesti a loro familiari”. Proprio la presenza di queste difficoltà nell’utilizzare strategie di navigazione dello spazio, ha portato gli studiosi alla ricerca di strategie di prevenzione. Tra queste, l’introduzione già a partire dalla scuola materna di esercizi di orientamento spaziale e di esercizi metacognitivi. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Plos One con il titolo “‘Where am I?’ A snapshot of the developmental topographical disorientation among young Italians adults”.

Mattia Cecchini – Agenzia Dire